giovedì 21 maggio 2009

L'alchimia del pane

Non è che dobbiamo trasformarlo in un blog di ricette, ce ne sono talmente tanti... però vi racconto la storia del mio pane.

Ho iniziato a panificare con i consigli di mia madre, insuperata cuoca sperimentatrice che un giorno della sua vita ha smesso di comprare i quattro salti in padella ed i salti in cucina si è messa a farli lei. Io l'ho seguita a ruota anche perchè ho iniziato presto (per la nostra epoca) a vivere da solo e non ho mai apprezzato la cucina del single moderno fatta di precotti e predigeriti.
Insomma tra i tanti trucchi mi feci spiegare il pane: all'inizio rimase un mistero, ricordo ancora la prima pagnotta che poteva tranquillamente essere usata nelle fondazioni di un grattacielo da tanto era rigida, poi con il tempo e le prove anche io sono riuscito a farmi il pane in casa con acqua, farina, cubetti di lievito e lavoro di braccia.
Con la macchina son capaci tutti di impastare, il bello è picchiare la massa con le mani sulla spianatoia: rilassa e sfoga!
In questi ultimi mesi ho fatto un salto di qualità enorme: dopo un corso tenuto da un panettiere che serve il notro gas (il gruppo di acquisto cui aderisco e dove ho trovato tante occasioni per una spesa ed una cucina sana, biologica ed ecologica, soprattutto buona) ho portato a casa buoni consigli su come creare il lievito in casa, poi ho studiato libri e internet e mi sono dato da fare.
I metodi sono principalmente due: la biga è una pasta lievitante che si crea con acqua farina ed un minuscolo pezzettino di lievito di birra che fa da starter, e la pasta madre (non a caso chiamata così) che è solo acqua e farina ed un poco di ingredienti segreti, chi mette lo zucchero, chi il malto, chi dello yogurt.
La pasta madre è una rivoluzione in cucina: da quando la fai cambia tutto perchè è come un figlio. In effetti è un essere vivente, o meglio una casa farinosa per tanti esserini, enzimi e batteri catturati nell'aria, che vivono e vegetano nel lievito.
Ogni qualche giorno si devono nutrire con acqua e farina ed in cambio scolpiscono la loro casetta lievitante e la rafforzano sempre un po' di più...insomma non si ha più il coraggio di buttare via se non serve più..infatti ci sono persone che si tramandano il lievito da generazioni!
Io sono più pratico e penso che manterrò in vita il mio lievito finchè non vado in vacanza, tanto poi lo posso sempre ricreare: la cos afondamentale è che ho fatto del pane che è buonissimo e forse nessuno o pochi di voi hanno in bocca il sapore del pane lievitato naturlamente che è mille volte diverso da quello che si compra in panetteria (in tutta Italia forse 10 panettieri in tutto hanno ancora la voglia e il coraggio di usare la pasta madre e non i lieviti industriali).
So che sapore e odore nelle foto non arrivano ma ecco la mia produzione di domenica:


Il pane rappresenta una alchimia moderna, o meglio senza tempo: si coniugano fisica e chimica, passione e intelligenza, esperienza e fantasia. Crearlo dal nulla è come dare vita alla materia, mangiarne i risultati poi è come prendere la vita della materia e farla di nuovo nostra in un ciclo continuo di sapori, odori e piaceri.
Un hobby con tendenze egocentriche o un modo di appassionarsi alla vita?

mercoledì 6 maggio 2009

Quanti anni hai... quanti me ne dai...

Quanti anni vi date?
Qualche giorno fa facevo un discorso da bar con un barista (non è forse il massimo fare un discorso da osteria con un oste?), probabilmente un discorso che ogni generazione di uomini, le donne non credo, fa: insomma si diceva che abbiamo un'età, quella tra gli 'enta e gli 'anta, in cui si pensa a quando si era ragazzini o adolescenti e si guardavano quelli della nostra attuale età e li si vedevano vecchi vecchi vecchi... stranamente non abbiamo mai ricordi di quanto vecchi si valutassero quelli vecchi per davvero, mentre noi ora non ci sentiamo così anziani, anzi ancora giovincelli.
Nel fare certi discorsi profondi mi viene chiesto:“ma te quanti anni hai?” ed io come sempre per rispondere a questa domanda faccio, credo, la figura di Homer Simpson che medita con il suo unico neurone che conta mentre le altre cellule dicono “birra, Birra, BIRRA”: io per rispondere alla mia età devo sempre pensarci un po' perchè non me la ricordo mai d'acchito, devo sempre pensare all'anno di nascita e poi fare i conti...ogni tanto sparo nel mezzo sbagliando magari di un anno o due. Non mi dispiace affatto che la mia mente vaghi in questa maniera perchè significa per me che gli anni che scorrono non sono una cosa cui pensare, tanto meno un patema... per lo meno adesso.
Insomma ci devo riflettere, ma come darmi torto? E' chiaro che son confuso: proprio lo stesso giorno dopo il bar e l'ufficio sono andato a correre sotto la pioggia, incappucciato nella mantellina: a due km dalla fine smette di piovere ed io tolgo il cappuccio, slaccio la mantellina fino al collo e lascio a 'mo di vela la mantella che si gonfia dietro di me nel vento autoprodotto dalle mie falcate. Alzo le mani alle spalle e vado avanti così per un po' simolando un supereroe volante, non so bene quale se Sperman, Superpippo, o CapitanVentosa in ordine di cretinaggine (facevo anche il rumore del vento come il giallo persnaggio televisivo)... quanti anni dovrei darmi? intendo l'età... quelli di ricovero psichiatrico sarebbero troppi.

p.s. sto leggendo "il signor malaussene": avevo letto altro di Pennac ma questo è davvero incredibile, è un libro che potrebbe contenere le citazioni da usare per tutta una vita!