martedì 24 febbraio 2009

Nimbus o Kayano questo è il problema (una tecnica mostruosa)

Non vi ho più tediato con i miei allenamenti podistici ma non sinifica che io abbia smesso di correre: dopo la prima mezza maratona a settembre mi sono infortunato prima ad una coscia e poi ad un polpaccio tra ottobre e novembre, ne sono uscito solo dopo gennaio e mi sono rimesso ad allenarmi seriamente tornando vicino ma non troppo alla forma che avevo cinque mesi fa.
Adesso sono in uno stato di grazia inconsueto: non ho dolori, speriamo per parecchio e non vorrei scrivere le ultime parole famose, e corro bene fino ai 20 km. E qui la grazia finisce perchè sto sperimentando la sensazione molto poco piacevole della fine della benzina: il mio serbatoio biologico, nonostante sia ben alimentato, termina le riserve ed io ogni volta mi ritrovo del tutto svuotato e mi devo fermare.
La sensazione è difficile da spiegare a chi non fa sport di endurance perchè una cosa del genere non ti capita mai giocando a calcio o sport simili, normalmente sei affaticato, stanco, spompato, distrutto ma non è la stessa cosa di aver finito il carburante! Nel caso della corsa ti ritrovi esattamente come un auto che finisce il carburante, piantato in mezzo alla strada e nemmeno dolorante o stanco ma senza benza! Tecnicamente viene chiamato "il muro" e di solito si sperimenta dopo i 30 km. Davvero difficile trovare altri esempi e anche abbastanza frustrante, d'altronde ho sperimentato ogni tipo di sofferenza in questo sport e dovevo provare anche questa: non intendo prendere "pompe" chimiche o integratori perchè voglio arrivare dove posso con le mie sole forze quindi vediamo se perseverando e magari prendendo qualche vitamina in più, oltre alle arance una compressa magari ma nulla di più, le cose cambiano.
A proposito di perseveranza in questi giorni mi sento come Michelangelo: le dovute distanze perchè io, ahimè, non ho scolpito la Pietà a 23 anni e nemmeno il David a 25, non credo di poter progettare nemmeno una cupola di carta, però il signor Buonarroti quando assunse malvolentieri il compito di dipingere la cappella Sistina, non solo non era il migliore nella tecnica dell'affresco ma era davvero mediocre (non lo dico io sia chiaro) però con la pratica e la perseveranza diventò bravissimo ed i risultati li ammiriamo tutti... devo avere una foto a proposito:


Ebbene la mia perseveranza, osservazione e pratica della corsa mi ha portato a questo: sono andato al negozio a cambiare le scarpe, credevo di dover prendere un modello che si chiama "kayano", con deciso supporto anti-pronazione (senza essere troppo tecnici, si tratta di un supporto interno all'intersuola che modifica l'appoggio del piede compensando le varie storture delle gambe come il varismo) e molto ammortizzate, invece la visita (i commessi del negozio se ne sono accorti anche a occhio nudo) ha evidenziato che non ho più bisogno di supporti!
Ebbene si, impegnandomi a chiedere lumi agli esperti, a studiare libri e pubblicazioni e soprattutto a correre (per quasi 1700 km) e anche camminare e stare fermo pensando a come dovevo appoggiare i piedi, sono arrivato a modificare l'appoggio e compensare le mie stortaggini e adesso non mi serve più l'aiuto delle scarpe.
Si tratta di una piccola soddisfazione perchè vuol dire che finora ho fatto bene e la mia tecnica di corsa è buona... e quindi mi concedo il pavoneggiamento.

Christmas Tale #4

Finiamo oggi, che siamo ormai a primavera (anche se l'inverno della piana lombarda non molla un colpo neanche a pregare, che freddo...) il racconto natalizio.
Il nostro ultimo giorno nella grande mela inizia con la sveglia che trilla di buon ora perchè è domenica e noi abbiamo un'appuntamento interessante: ultima sorpresa alla mia "pupa", prendiamo la metro ed anche l'autobus e ci immergiamo nell'atmosfera molto naif da finto degrado (finto ed orgoglioso secondo me) di Harlem, un quartiere di storiche radici afro-americane in cui ancora oggi non si vedono faccie sbiadite, of course a parte i turisti.
Oggi è domenica ed io ho usato le mie conoscenze (a dire il vero è bastata una email) per prenotare un posticino come ospite per assistere ad una funzione gospel in una delle chiese più famose del quartiere.


Arriviamo puntualissimi e ci dicono di formare una fila davanti all'entrata riservata a noi vip, quelli che vorranno entrare ad assistere senza aver chiesto il permesso saranno fatti entrare solo in un secondo momento e se ci sarà posto: questo per lo meno è quello che capisco perchè gli usceri sono tutt'altro che disposti a porgere l'altra guancia, o meglio orecchio, e sono molto sbrigativi specie nello slang e non sono disposti a lasciarmi ripetere quello che io capisco per conferma....comunque noi la fila la formiamo tanto siamo i primi, il resto degli ospiti arriva alla spicciolata dietro a noi e intanto entrano i membri della comunità.
Ci accompagnano dentro e scopiramo che più che una chiesa è un teatro, la cui platea è strettamente riservata alla comunità mentre la galleria (una parte) agli ospiti.
Che dire di una messa gospel? Piuttosto coinvolgente, il coro è una bomba ed una ragazza ha una potenza che nemmeno la giovane Witney Houston...viene da pensare a quanti cantanti bravi non emergano solo per mancanza di conoscenze, i discorsi e sermoni sono tenuti dal reverendo che si rivolge ai presenti chiamandoli per nome: la comunità è fortemente intrecciata, non solo tra i suoi membri ma anche con il quartiere e la città e qui si parla di fede e di politica insieme, ci si spinge a dare consigli ad Obama.
Insomma un grande trasporto, spesso chiaramente non disinteressato.
Io però sono arrivato con in mente una figura precisa di reverendo e di messa gospel ma temo che per trovare un reverendo Cleophus James o un astante che vede la luce urlando "la band", dovrò andare a Chicago...

Tha Blues Brothers feat James Brown, The old landmark
Let us all (All go back)
To the Old (Old landmark)
Let us all to the Old (All go back Old Landmark)
Let us stay in the service of the Lord
Jesus, ohh! (He's my Lord, oh, my Lord)
Let us preach of the Old
At the... (Hey! Hey!)
Landmark


La messa è finita e andiamo in pace...all'albergo a sistemare le valigie alla reception: l'aereo è in serata e noi bighelloniamo ancora un poco prima di partire.
Niente di particolare anche perchè siamo abbastanza stanchi; intanto ci infiliamo al Time Warner Center per mangiare e scopriamo che esiste anche in nmezzo alle griffe il supermercato con annesso ristorante di prodotti biologici.
Dopo pranzo un giro di finto shopping, nel senso che non compriamo nulla, un caffè ed un biscottone burroso con i pezzi di cioccolato da Starbucks (devo cercare la ricetta perchè è simile ad una droga e adesso lo voglio!) e poi via in Central Park.
Passiamo il pomeriggio tra Strawberry fields (ormai snaturata meta turistica ma immagino sia nata come tale) e la Bethesda fountain (d'inverno senz'acqua perde molto del suo fascino); l'inverno è talmente mite, oggi ci sono 12 gradi, che la pista di pattinaggio sul ghiaccio è tenuta fresca con non so quali macchinari ma rimane un mezzo pantano a vederlo: molto più invitanti gli hot-dog lunghi il doppio del normale...slluurrrrrpppp.


La giornata volge al termine: usciamo dal parco e ci lasciamo trasportare dalla folla per la quinta strada che sembra un fiome in piena di teste impazzite che percorrono i marciapiedi con il naso volto alle vetrine zeppe di lustrini, pajettes, borse e diamanti, orologi e modelli mezzi nudi (Abercrombie & Fitch se interessa a qualche fanciulla, invece se ai maschietti interessano le modelle-commesse la scelta è Sack's sempre sulla quinta strada).
Arriviamo fino salutare ancora una volta Times Square con le sue mille luci, poi recuperiamo valige e biglietti e via sulla metro, non prima dell'ultimo Hot-Dog!
Arrivederci a presto New York, abbiamo già nostalgia!

Jovanotti, Mezzogiorno
Caselli d'autostrada tutto il tempo si consuma
Ma Venere riappare sempre fresca dalla schiuma
La foto della scuola non mi assomiglia più
Ma i miei difetti sono tutti intatti
E ogni cicatrice è un autografo di Dio
Nessuno potrà vivere la mia vita al posto mio
Per quanto mi identifichi nel battito di un altro
Sarà sempre attraverso questo cuore
E giorno dopo giorno passeranno le stagioni
Ma resterà qualcosa in questa strada

venerdì 13 febbraio 2009

Christmas Tale #3

La terza giornata comincia con un desiderio tutto mio che faccio avverare: punto la sveglia e lascio dormire la mia metà, mi vesto con indumenti tecnici e scarpette e volo fuori dall'hotel.

Piccolo riscaldamento fino al limitare di Columbus Circle e poi via per un giro completo in Central Park!
Per un runner correre in Central Park penso non abbia davvero prezzo: sabato mattina presto sui viali del parco non ci sono turisti, solo le persone vere, i Newyorkesi che fanno sport... chi corre, chi in bici o sui pattini; qualcuno mi sorride e ci salutiamo, altri sono troppo impegnati con il loro training, altri ancora troppo matti ed io mi sento per un'ora un pesce nell'acqua: ho la sensazione che agli occhi degli altri potrei essere tranquillamente scambiato per uno di loro, uno della city che al sabato mattina "dialoga" con Central Park e per me, che da turista la cosa che mi piace di più è riuscire a non sembrare un turista o per lo meno non uno straniero, è fantastico.
Tecnicamente il percorso si snoda ad anello intorno al perimetro del parco, cosa che mi permette di godermi quasi tutti i punti famosi del luogo spaziando dal West side ad Harlem al Museum mile e via così: la strada non fa sconti e si capisce bene qui perchè Manhattan è il nome indiano che significa "Isola delle colline", infatti è un sali-scendi continuo che spezza le mie povere gambe ancora in convalescenza per gli infortuni invernali ma la gioia di correre qui cantando le strofe che passano in cuffia farebbe correre chiunque.

R.E.M. Leaving New York
You might have laughed if I told you
You might have hidden the frown
You might have succeeded in changing me
I might have been turned around
It's easier to leave than to be left behind
Leaving was never my proud
Leaving New York never easy
I saw the light fading out

Il giro termina dove era iniziato, i turisti cominciano ad affollare il parco ed io sono stanco: torno all'hotel e mi faccio una doccia rapida per uscire a fare colazione.
Decidiamo di andare a scovare una famosa pasticceria nel quartiere finanziario ed è una piccola scoperta, non solo per il locale che offre un discreto espresso succhi di frutta e brioches e dolcetti decisamente interessanti, ma anche per il quartiere di viuzze lastricate chiuse da palazzi di piccola stazza. Un ambiente confortevole e retrò nascosto dalla facciata di edifici enormi e presi d'assalto dai click dei turisti: credo che la maggior parte delle persone che frequentano Wall street non immaginino nemmeno cosa si nasconde appena dietro l'angolo.
Con la pancia piena cambiamo zona e scegliamo di girovagare per uno dei tanti mercati di strada che spuntano a giorni alterni a N.Y., forse il più famoso dei Farmer's Market quello di Union Square: ci sono bancarelle con ogni stranezza di verdura o frutta proveniente da ogni angolo del pianeta... patate a forma di banana dalla russia e perfino il nostro pane. Non oso provare ogni cosa ma mi faccio tentare da un paio di mele fresche e ci incamminiamo verso nord a zig zag tra la quinta e sesta strada presi dalle architetture dei palazzi, qui ce ne sono di strani... uno su tutti, il "Ferro da stiro".


Saltiamo sulla metro ad esplorare la zona del Mid-Town ad est e sbuchiamo alla Stazione centrale che sembra più un teatro che una stazione ferroviaria: è un enorme scambio ma soprattutto un luogo piacevole dove osservare il viavai delle persone e poi è magnificamente tenuto altro che le nostre stazioni dei treni. Immaginatevi la stazione di Roma o Milano o Bologna ma belle e pulite come un cinema di lusso, marmi e scalinate, luci ed afreschi: sul soffitto sono dipinti i segni zodiacali con lucine incastonate nel soffitto che cambiano colore.... poi la ciliegina parte! Ogni tot minuti parte uno spettacolo fatto di luci ed immagini sparate sul soffitto e sulle pareti e la stazione si trasforma in un enorme carillon con stelle filanti e giostre che girano sui muri! Insomma con questo investimento anche minimo hanno fatto di una stazione l'ennesima meta turistica... e a ragione.


La musica finisce e noi usciamo ad esplorare il quartiere con una puntatina alle porte dei grattacieli famosi... il Chrisler è il più bello e strano ma all'interno è possibile solo vederne l'atrio.
Ci spostiamo ad ovest per visitare la biblioteca pubblica che è un'altra perla della città: un edificio storico con lo stile di una biblioteca "old england" tutta in legno ma tutto in grande con stanze per la lettura infinite, scaffali chilometrici, quadri e computer: ne approfittiamo per riposare un poco seduti in una saletta a fare finta di leggere qualcosa, ma è terdi e la fame si fa sentire.
Decidiamo di spostarci nuovamente nell'East Village per pranzare in una rosticceria piuttosto famosa, ovvero il locale dove è stata girata la scena più famosa del film "Harry ti presento Sally", quella del finto orgasmo. Il posto si rivela a) più piccolo di del previso, ci saranno 10 tavoli ad esagerare ed un bancone lunghissimo dove si ordina e poi si mangia in piedi a meno di non essere tanto fortunati da trovare da sedersi b) pieno all'inverosimile quindi nonostante l'acquolina per quelle pietanze strafritte ed odorose, cattivissime per l'organismo ma tanto buoooone, decidiamo di lasciar perdere ed usciamo dopo aver letto il cartello che è appeso sopra al tavolino dove hanno girato il film ("qui è dove Sally ha conosciuto Harry, speriamo che tu prenda quello che ha preso lei").
Di nuovo fuori ed in cerca di cibo, facciamo una scoperta interessante lì vicino e di sicuro molto più salutare: per la città ci sono dei negozi, una catena, che vendono cibo biologico; un supermercato dove poter fare la spesa interamente bio associato ad una specie di self-service dove riempirsi ciotole e vassoi con cibi preparati freschi da mangiare al piano superiore. C'è di tutto e tutto molto buono; pranziamo con zuppa di lenticchie, pane e yogurt bio.
Dopo pranzo ci spostiamo a Soho per un giro tra i negozi del quartiere dello shopping: ci sono turisti che vengono solo per quello visto anche il cambio favorevole ma noi non siamo compratori intelligenti e non abbiamo l'occhio per l'affare quindi guardiamo le vetrine e la gente che compra, spostandoci nella marea umana verso il Greenwitch village; ormai si fa buio e non ci resta che girovagare ancora un poco per poi tornare in albergo.
Nel frattempo scende un nebbione, pare che addirittura gli aerei non partano: noi approfittiamo dell'atmosfera fumosa per fare un giretto nella baraonda di persone tra la Fifth Avenue ed il Rockfeller Center: è impossibile muoversi, tutti i turisti sono qui a vedere la pista di pattinaggio e la stella di swarowski come puntale dell'albero che per noi è molto pacchiana e preferiamo di gran lunga le lucine con cui hanno addobbato alcuni palazzi che sembrano giganti pacchetti regalo con fiocchetti fatti di luci.


R.E.M. All i have to do is dream
When I want you in my arms, when I want you and all your charms
Whenever I want you, all I have to do, is
Dream, dream dream dream

E' tardi e noi non abbiamo ancora cenato, in zona non ho in mente alcun locale da provare quindi decidiamo di fare un test: un paio di anni fa alloggiavamo in questa zona sulla sesta strada (hilton) e all'angolo dell'hotel c'era uno dei tanti ambulanti con il suo carrettino ma la particolarità era che a qualunque ora del giorno e della notte la fila degli avventori era di diverse decine di metri, erfino alle 5 del mattino la gente faceva la file per poter gustare quanto preparavano i ragazzotti del "barachino". In quella occasione ci siamo sempre domandati cosa ci fosse di tanto speciale in quei piatti da fare mettere in coda tanta gente; noi del resto ogni volta che passavamo pur incuriositi abbiamo evitato di perdere ore in coda.
Stasera siamo qui e non abbiamo altro da fare quindi ci mettiamo in coda, perchè dopo un paio di anni la coda è ancora lì: intanto che aspettiamo vedo gente che continua ad affluire, persone che arrivano in auto per portarsi a casa il cibo da mangiare, ragazzi che parlano entusiasti di quello che li aspetta al loro turno, volano parole come "delizioso", "incredibile", "fantastico".
Siamo sempre più curiosi ed affamati, quando tocca a noi dopo 30/40 minuti buoni prendiamo e paghiamo.
Dicevo che gli americano hanno le papille gustative fuse... no , è molto peggio! Come diavolo fanno? Dunque il piatto consiste in carne di pollo o di manzo, a scelta, insieme a riso e verdura, insomma un'insalata di pollo solo che viene condita con spezie ed una qualche salsa iper-piccante, ma il termine iper è comunque troppo poco! Non siamo gente che mangia le peperette crude ma nemmeno ci disturba il messicano... beh questo è veramente troppo, non è possibile nemmeno mangiare un boccone senza lacrimare. Il bello è che è così per tutti, infatti la prassi della gente è affogare il piatto nelle salse, maionese e katchup a volontà andando a coprire in parte l'incendio gastronomico nel piatto.
Sarebbe stato anche un buon piatto se non fosse stato così forte ma quello che proprio non capiamo è l'entusiasmo della città per queste super piccanti pietanze che vanno poi arginate con le salse.... boh
Con il dubbio e la lingua in fiamme ce ne torniamo all'albergo a dormire: domani ultimo giorno e ci aspettano ancora un paio di giretti.

mercoledì 4 febbraio 2009

Christmas Tale #2

La seconda giornata delle nostre vacanze Newyorkesi inizia di buon mattino con una ricca colazione made in Starbucks a base di cappuccino extra-large e mega muffin al cioccolato, insomma una dose di calorie sufficienti per una settimana.

Inizio ad apprezzare questi beveroni: se li prendi con le dovute cautele possono essere diverenti da ingurgitare e il mezzo litrozzo in quei bicchieroni di carta rimane bollente per almeno un'ora quindi puoi gustarti la colazione strada facendo per parecchio.
Piccola nota: gli americani hanno le papille gustative completamente sciolte! Bevono bibite con temperature vicine a quelle del nucleo fuso al centro della terra e non fanno una piega mentre io devo aspettare come minimo venti minuti per sorseggiare un the e ancora mi scotto la lingua.
Archiviata la prima - prima colazione si parte per un breve giretto nel middle west side, giusto fino alla prima fermata utile della metro perchè il mio obiettivo per la mattina è tutt'altro.
Si vola oltre l'East River per visitare Brooklyn!


Mi piace molto questo quartiere, si respira ancora un'aria autentica: in mezzo a questa gente (turisti esclusi) in questi viali con le case tutte con quello stile da film anni '50 con la scalinata che va al portone con la ghirlanda natalizia verde e rossa, il sottoscala con la cantina o il magazzino magari con tanto di nastro trasportatore per tirare fuori gli scatoloni e quello stile tipico di un periodo che sta lentamente scomparendo da tanti posti qui e in tutto il resto del paese americano. Sembra che qui sia davvero forte lo spirito di conservazione architettonico e urbanistico, spirito mescolato ad una decisa espansione verso il turismo come a volerlo contendere alle luci di Manhattan: ne deriva un quartiere di locali vivaci immmerso in atmosfera piuttosto sobria, quasi seria o solo con parvenza perbenista. Non abbiamo il tempo di indagare, dovremmo passarci molti giorni e invece dobbiamo oltretutto ritornare sui nostri passi perchè qualcuno (io) non si è accorto che la batteria della fotocamera era vicino al rosso ieri e qualcun'altro (sempre io) non ha pensato di portarsi dietro la seconda batteria. Ne è derivato un cambio di programma con ritorno in albergo a recuperare la piletta. Brooklyn ci aspetterà più tardi a chiudere il cerchio della giornata.
Dopo i vari spostamenti è ormai ora di pappa e decidiamo di sperimentare uno dei tanti posti segnalati come autentici locali made in u.s., quelli che vediamo in mille film con il bancone ed i tavolini sotto le vetrate che guardano in strada, con lo stile del vecchio fast-food (presente il locale di "happy days"?). Scegliamo un posto tra Soho e Tribeca dove si dice si mangi il miglior hamburgher ed in effetti il pezzettone di manzo è ottimo e le patatine a corredo sono adeguate: ci sarebbero anche salsine aggiuntive che evitiamo perchè non siamo abituati al peso di qusto tipo di pasto e non vogliamo esagerare... ma a pensarci adesso, che fame!
Dopo pranzo gironzoliamo per il quartiere, piuttosto famoso per i vecchi palazzi in ghisa e l'abbondanza di locali e birrerie alla moda: non sembra frequentato tanto come lo dipingono le guide turistiche, sarà l'orario o forse non attira così tanto oppure i pub famosi sono stati soppiantati da altri in altri quartieri, cosa tutt'altro che rara in questa città dove tutto evolve a velocità pazzesche. Comunque l'architettura dei palazzi è piacevole e pensare agli enormi loft, un tempo economiche soluzioni per artisti spiantati e ora lussosissimi attici di tendenza per proprietari che non immaginano nemmeno di vivere in qualche ex-magazzino o bordello, è tutto sommato divertente e noi ci godiamo questo bighellonaggio.

Frank Sinatra, The sunny side of the street
Grab your coat and snatch your hat, leave your worries on the doorstep.
Just direct your feet to the sunny side of the street.
Can't you hear that pitter pat and that happy tune in your step.
Life can be so sweet on the sunny side of the street.

Vaghiamo in direzione sud-ovest attraversando le grandi avenues e ci portiamo nel centro decisionale e costituzionale della city dominato dagli immensi edifici governativi in stile classico: il municipio, la corte suprema, la sede della polizia.... poi cambiamo ancora zona trovandoci immersi in altri stili architettonici ancora differenti.

Siamo tornati nella parte centrale dell'isola, molto a sud e sulla Broadway che lambisce il quartiere finanziario per poi attraversare a nord tutta Manhattan.
Qui si trovano un paio di splendide chiese cattoliche: una la visitammo nel nostro primo soggiorno a N.Y. mentre quella che vediamo oggi, la chiesa di St. Paul, è recentemente e tristemente diventata famosa perchè è stato il luogo della pausa pranzo delle centinaia di persone, volontari, poliziotti, vigili del fuoco, che si diedero da fare nel periodo nero più recente della città; infatti una parte della chiesa è dedicata alla memoria con targhe e messaggi e decorazioni militari e civili. In effetti quando si esce dal retro della cappella ci si ritrova nel piccolo camposanto adiacente e pochi metri più avanti svetta il vuoto della voragine lasciata al posto delle torri gemelle.
Credo sia meglio usare il sentimento dell'indifferenza perchè per noi turisti è solo una delle tante mete e forse anche per i politici è più una opportunità, o lo è stata, mentre solo per le persone che vivono e respirano qui è davvero comprensibile il dramma che hanno vissuto ed io preferisco non essere uno di quelli che passa di qui sorridendo e facendosi scattare una foto ricordo davanti al vuoto di qualcun altro.
Proseguiamo il nostro tour avvicinandoci a Battery park per una fugace passeggiata nel parco pieno di gente, un saluto a Lady Liberty che ci affianca al centro della baia ed un pensiero di ringraziamento per averla già visitata a suo tempo insieme ad Ellis Island: gran bella visita ma solo queste due mete portano via tutto il giorno a causa degli spostamenti con i traghetti e le immense code ed i controlli meticolosi più che in ogni altro posto del mondo (metal detector, body scanner, perquisizioni e getti di aria compressa contro le polveri velenose).... insomma grazie ma abbiamo già dato.
Riprendiamo la metro e torniamo la dove tutto è iniziato oggi: Brooklin ci aspetta per un ultimo giretto al calar del sole con sosta al tramonto al parchetto che si trova in mezzo tra Brooklyn Bridge ed il meno famoso ma pur sempre affascinante Manhattan Bridge.
Da qui si gode di una vista mozzafiato dello skyline e quasi dispiace che venga buio ma corriamo sul ponte per attraversare l'East River mentre lo spettacolo delle luci colorate che avvampano ci avvolge.
La passeggiata sul ponte si rivela meno faticosa del previsto: i quasi due km sono piacevoli ed il vento che viene dal mare è smorzato, quasi azzerato dall'intrico di cavi che sorreggono i piloni quindi ci godiamo le luci della città che si intensificano via via che ci avviciniamo.
Per oggi non ci rimane che tornare all'albergo... davvero? non c'è altro da fare? Ma no, ma no e qui mi gioco la mia seconda carta nascosta: dopo un riposino dico alla mia dolce metà "vestiti bene bambola che usciamo, Broadway ci aspetta!" e la porto ad un paio di isolati, proprio sulla mitica via dei teatri ed entriamo nella hall del Winter Garden Theater.


Mi aspettavo più entusiasmo, sarò solo io il romantico o sarà che la sorpresa non è stata così ben nascosta... comunque mi sincero con il personale di aver acquistato via internet i biglietti giusti e poi ci fanno accomodare.
Visto che dovevo fare il "grandeur" ho preso i posti più vicini che ho trovato e ci godiamo lo spettacolo alla grande, qualche difficoltà a capire alcune battute ma tutto sommato capiamo tutto e possiamo ridere con cognizione di causa quando è il momento.
Lo spettacolo è molto ben fatto ed ora capisco perchè questi teatri sono diventati così famosi e obiettivi per chi vuole fare l'attore negli States, dove uno spettacolo rimane in cartellone per anni e la gente lo vede anche diverse volte: l'organizzazione che traspare è perfetta in ogni dettaglio, hanno messo in piedi una macchina che andrebbe avanti anche se mancassero i protagonisti, insomma lo spettacolo regge le persone e non il contrario (direi come facciamo qui da noi). La gente canta e si diverte e noi ci lasciamo trasportare - per la cronaca a me i musical non piacciono! salvo solo "The Blues Brother's" ma quello è una potenza della natura, per il resto faccio fatica anche con Grease, ma questo è un regalo alla mia bionda quindi... però alla fine questo è piaciuto anche a me e poi a teatro è tutto un altro effetto rispetto ai film musicali in tv.

Abba, Dancing queen
You're in the mood for a dance
And when you get the chance
You are the dancing queen
Young and sweet, Only seventeen
Dancing queen
Feel the beat from the tambourine
You can dance, You can jive
Having the time of your life
See that girl, Watch that scene
Diggin' the dancing queen

La musica finisce con un gran crescendo e sappiamo già che diventerà una parte della colonna sonora che accompagnerà i ricordi questo incredibile viaggietto , le luci si spengono, gli attori ringraziano.
Ci alziamo e finiamo la giornata, stavolta sul serio, con uno spuntino veloce in un locale di fronte al teatro. Domani ci aspetta ancora una nuova New York da scoprire.